Crema, l’intervista

schiaffoni
4 min readJun 8, 2022

Io: Tralasciando le cose ovvie iniziamo subito a parlare del nome: Crema.
Perché? E’ un rimando alla rivista americana oppure è solo una metafora di quello che si nasconde dentro di voi? Giusto per completezza di informazioni inutili: io sono un fan della crema chantilly.

Crema: Crema è stato scelto dopo innumerevoli tentativi di affezionarci ad altri nomi. Alla fine, quando dici CREMA, c’è chi pensa alla città, chi ai bomboloni, chi all’abbronzatura, chi alle ecchimosi. Questo ci permettere di essere tante cose diverse nella testa delle persone, così da giungere ad un ampliamento settoriale del nostro pubblico. Nessuno si identificherà in massa a noi. Il riferimento alla rivista, gustoso, ci mancava. Quello ai Cream, trio bomber, invece ogni tanto capita. Ma lo facciamo passare senza conseguenze.

Io: Vista la veneranda età, tranne uno, avete tutti dei trascorsi musicali notevoli sviluppatisi, negli anni, in svariati progetti musicali diversi e differenti. Ciò quanto influisce sulla composizione musicale dei Crema?

Crema: Componiamo in maniera molto tranquilla, improvvisando come forsennati e poi tenendo parti, rimontandole, cambiandole… quindi tutto va a finire lì ed ogni stacco, riff, assolo, ritornello… tutto circola in noi, poi esce, poi torna dentro, poi finisce registrato, a volte finisce dimenticato. La veneranda età permette di avere scaffali infiniti di suoni e suggestioni, anche se a volte le cose belle stanno troppo in alto e tutti si giustificano, non sono stato io… non sono stato io…

Io: In quanto power trio vi manca una sola cosa: la chitarra elettrica. Può essere visto come l’influenza di un certo cantautorato d’epoca e non (vedi Guccini, De Andrè oppure Dente o Setti), ma può anche essere interpretato come una ricerca di un suono nuovo che è iniziato da quando Kurt Cobain ha usato il distorsore sulla chitarra acustica, primo e unico esempio che è rimasto impresso nella mia memoria. Voi, invece, usate una chitarra classica che ha le corde più distanziate e un suono un po’ più morbido rispetto alla chitarra acustica. Qual è la verità?

Crema: La verità è che adesso usiamo la chitarra elettrica, una Eko semiacustica, comprata usata nel 90 ed utilizzata dai Fangoso Lagoons.

Io: Ancora non è uscito un album ufficiale ma solo dei singoli. Questo è successo perché siete pigri oppure è solo per seguire la tendenza dei tempi moderni fatta di ascolti in streaming?

Crema: Seguiamo la tendenza dei tempi pigri, della ricerca del momento giusto, del consiglio ben fatto, della prudenza, del coraggio limitato e intenso, della frattura delle abitudini, del crollo in nuove banalità, della strategie commerciale eletta a feticcio balbuziente, della gradualità illusoria, degli amici che tutti sì sì e poi nei fatti no no, della semplicità, della cover perfetta, della misura colma e del movimento del narvalo ferito. Secondo noi in autunno album esce, già registrato da un po’, e sarà bello incastrarlo nei canali di streaming… non vediamo l’ora e questo è un po’ un problema.

Io: Tra l’altro i 4 brani/singoli presenti su Spotify sono piuttosto diversi. “Martedì” sembra ricalcare l’andazzo dell’indie moderno (che, ricordiamolo, non è affatto come il vero indie) nella composizione e nella morbidità del brano, e se vogliamo anche il testo un po’ calcuttiano, un po’ commercialotto, sottolineato dal suono di rullante così slabbrato. “Ragazzo” invece ha un andazzo un po’ più bislacco con l’incalzare del basso che ha dei vaghi rimandi fryppiani che sfocia, all’improvviso, in una bordata che, per noi dall’animo noise, finisce fin troppo presto. “Botte” invece sembra ripescare direttamente dai Devo e dal periodo vascorossiano dell’eroina. Quindi lo si potrebbe considerare il pezzo un po’ più datato visto anche il finale col wah-wah che ricorda sia Hendrix che i Rage Against the Machine. “La Mantide” invece, forse, è il pezzo meno riuscito in quanto mi ricorda, seppur vagamente, le atmosfere pinkfloydiane con una certa presunzione alla nenia tipica di Giovanni Lindo Ferretti. Questo lungo preambolo serve, oltre a dimostrare la mia erudizione musicale al limite del bullismo, a chiedere una vostra opinione sulla critica musicale. Non so se c’è ancora, nei nuovi fruitori di magazine musicali, l’interesse verso gli scritti di un determinato giornalista. Una volta c’era Christian Zingales o Claudio Sorge (quest’ultimo decaduto molto) ed Edcilia, oggi sono Francesco Farabegoli e Valerio Mattioli.

Crema: La critica musicale è un oggetto molto bello, perché appare quando la musica di ritira, come l’onda sulla spiaggia. Dice qualcosa, insiste, ci prova, poi torna l’onda e trascina via tutto. Come tale, la critica ed i suoi tentativi di spiegare e rispiegare, connettere e far specchiare, ecco, sono cose davvero lodevoli. Tanto poi arriva l’acqua e spazza via tutto, deogratias. Comunque La Mantide è una cover di Babalot; Botte è una canzone religiosa e parla di
Gesù, che alla fine non gli succede quello che vorrebbe noi credessimo si aspettasse; Ragazzo parla d’amore ma senza capire niente di niente e Martedì è una canzone.

Io: Facendo un excursus in campo provocatorio dire che in queste situazioni c’è sempre alone di dubbio nel senso che, essendo una nuova band, avete già un discreto successo. E’ per lo stesso motivo del successo dei Foo Fighters o dei Garbage?

Crema: Abbiamo addosso l’onda lunghissima inesauribile della bellezza in cui eravamo i Camillas e le persone sono curiose, interessate, innamorate e così vengono a sentirci. Poi oggettivamente il nostro concerto è una pioggia di cazzotti di marmo con il sorriso in bocca e quindi pian piano l’identità precedente sfumerà via ed arriveranno giovinetti che non hanno mai sentito i Camillas e noi saremo gli stupendi Crema, per sempre.

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schiaffoni

Mi diverto a disquisire intervistando gruppi musicali vari.