Koko — l’intervista

schiaffoni
4 min readApr 20, 2022
Koko

Io: Vorrei cominciare questa intervista prendendo spunto da un articolo di Rockit ( https://www.rockit.it/articolo/brothers-law-guagno ). Dal mio punto di vista la scena pesarese è stata osannata e troppo glorificata. Ma c’è un passaggio, in particolare, dell’articolo: “Un epitaffio a Guagno, morto due anni fa, e insieme alla gioventù, alla scena pesarese e a un periodo irripetibile della vita.” In pratica, da come l’ho inteso io, l’articolo dice che la fine dei Brothers in Law e dei Be Forest abbia decretato anche la fine della scena pesarese. Tu sei d’accordo? Come hai vissuto l’osannazione di questa fantomatica scena? No perché a me è sempre sembrata un po’ esagerata nel senso che, come a Pesaro, ci sono altre città italiane che hanno band che hanno lasciato un segno.

Koko: In realtà non credo che l’articolo di cui parli voglia dire ciò che hai inteso. Credo, invece, che si riferisca semplicemente ad un periodo, ad un momento in cui più band provenienti dalla stessa piccola città hanno iniziato a fare uscire cose, ad attirare l’attenzione, ad ottenere risultati e riconoscimenti a girare per tutta Italia e non solo su un furgone scalcinato, insieme, si suonava insieme e ci si supportava a vicenda. Eravamo uniti e questo probabilmente si sentiva fin da lontano. Il fatto che questo momento cristallizzato nel tempo sia concluso è evidente. Molte volte mi sono sentita in dovere di giustificarmi rispetto a questo, come se fosse immeritato ricevere così tanta attenzione. Sono convinta che in Italia ci siano tantissimi gruppi validi che sono allo stesso livello, se non superiore alla cosiddetta “Scena pesarese”, di certo non mi sono mai sentita migliore di altri. Non sta a me valutare se “l’osannazione”, come hai detto tu, di questa “Scena” sia stata sopravvalutata, sinceramente… Io suono, questo è il mio ruolo e se ciò che faccio piace non posso che esserne felice.

Io: Ascoltando il tuo ultimo live al Menga mi sono venuti in mente due nomi: gli XX e Grimes. Vidi gli XX all’Apple Store a New York un sacco di anni fa durante il CMJ festival, ero in compagnia di Luca Benni, e dopo qualche tempo vidi i Be Forest allo Zoe (correggimi se sbaglio ma forse era il vostro primo concerto). Il progetto Koko mi sembra molto simile. Come sei arrivata a elaborare queste sonorità? E’ stato un caso oppure una ricerca di qualcosa che ti piaceva?

Koko: Si, esatto, lo Zoe è stata nostra primissima data, mi ricordo ancora, che tremavo come una foglia sopra quel palco, ripenso a quel momento con molta tenerezza. Il progetto KOKO inevitabilmente può ricordare e richiamare quelle sonorità, dopo tutto e’ da dove provengo. La creazione delle canzoni avviene in maniera del tutto naturale, non ci sto troppo a pensare, a ragionare, è un processo viscerale che parte dall’esigenza di buttare fuori, condividere, esorcizzare ciò che sento. Per me suonare è sempre stato qualcosa di terapeutico, qualcosa di curativo.

Io: Il disco è uscito con la We Were Never Being Boring, etichetta che seguo fin dalla nascita visto che un brano di Dj Minaccia è presente nella loro prima uscita discografica, brano fortemente voluto da Enzo/Polaroid. Come è andata? E’ stata una cosa naturale proporgli il disco? Perché effettivamente le loro uscite sono molto anglosassoni come stile e il tuo disco effettivamente ci sta benissimo nel loro catalogo.

Koko: Fin da quando ho iniziato a suonare ho lavorato con i ragazzi di WWNBB. Sono amici, famiglia, persone a cui voglio sinceramente bene e che ci hanno sempre aiutato come potevano per farci fare più esperienze possibili. Il fatto di essermi affidata nuovamente a loro per il mio nuovo progetto è stato scontato :)

Io: Visto l’andazzo del mercato tu come ti poni col supporto fisico? Qual è l’ultimo disco che hai comprato? Io, da quando non ho più l’autoradio con il lettore cd e, soprattutto, da quando il mio negozio di dischi preferito ha chiuso, ho smesso di comprare dischi. Uso praticamente solo lo streaming per ascoltare musica, e tu?

Koko: Purtroppo anche io non sono una grande compratrice di dischi. In casa non ho un giradischi (devo recuperare al più’ presto) quindi non ho la giusta “spinta” per acquistarli. L’ultimo disco che ho comprato è stato, “The Visionary”di M!R!M al suo concerto qui a Londra.

Io: Sono un lettore accanito degli scritti di Francesco Farabegoli, uno dei migliori giornalisti musicali che ci sono in giro al momento secondo me. In un suo scritto usava il termine “covid-core” ovvero tutti quei progetti musicali nati, per forza di cose, durante il lockdown. Anche Koko è figlia del covid-core?

Koko: Assolutamente, E’ stato il momento in cui ho composto di più, ho ripreso in mano tutte le vecchie canzoni scritte da quando ho iniziato a suonare e ho pensato di poterle condividere con il mondo. Mi è servito tanto per fare ordine e mettere ogni cosa nella giusta scala dei valori, mi ha aiutato ad essere più coraggiosa e insegnato che è bello ridere di se stessi e prendersi meno sul serio.

Io: Ora la domanda che faccio più o meno tutti: dicci un disco, un libro e un film che ti sono piaciuti di recente.

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schiaffoni

Mi diverto a disquisire intervistando gruppi musicali vari.