Max Collini, l’intervista.

schiaffoni
6 min readAug 3, 2022

Io: Nel contesto odierno dove quello che viene considerato indie non è affatto indie ma, eventualmente, “mainstrindie” cosa spinge noi anzianotti che ridiamo coi post del “nonno indie” a volerci soffermare su cosa è veramente indie e cosa non lo è? E’ solamente retrologia nostalgica e fisiologica di noi attempati indie-snob oppure c’è un fondo di verità?

Max Collini: Attitudine e contenuti distinguono la proposta artistica più delle etichettature multinazionaliste. La profondità degli abissi, come dice il poeta, va esplorata più che descritta, mentre il riprodurre stereotipi e linguaggi preesistenti banalizzandoli rende innocui i motivi per cui quei linguaggi sono nati. In ogni caso indie-snob sarai te, io sono figlio di un saldatore e nipote di un mezzadro. Tecnicamente sono solo geometra.

Io: Di recente ho letto un’intervista a Jerry Calà dove lui confessava che ad un certo punto della sua carriera si era stancato di dire “libidine, doppia libidine, libidine coi fiocchi”. Essendo tu fautore di una nuova forma canzone derivata dallo spoken world (parlo degli Offlaga Disco Pax) ti senti comunque legato/forzato in qualche modo a quella forma? Ricordo un tuo intervento a Propaganda Live in cui ho sentito una certa forzatura al tuo modus operandi. Ti senti anche tu come Jerry Calà?

Max Collini: Sono un uomo pratico: non so cantare, non so recitare, non so ballare, non so suonare. Non mi restano molti registri per esprimermi, né ho cercato in questi anni di ampliare lo spettro dal punto di vista stilistico. Semmai ho variato gli argomenti, i riferimenti, gli atteggiamenti sul palco. Per esempio adesso quando faccio i miei spettacoli dal vivo mi diverto moltissimo e si diverte anche il pubblico, con gli Offlaga Disco Pax non era esattamente così, nonostante il portato ironico di molti testi del gruppo. Se a Propaganda live hai sentito una forzatura è perché il mezzo televisivo non è una cosa che posso padroneggiare agevolmente: non ho il fisico, né il carattere, né la disinvoltura adatta. Poi ci provo lo stesso, anche se conosco i miei limiti.

Io: Come ti è venuta in mente l’idea di leggere l’indie? Hai avuto qualche screzio anche con Manuel Agnelli in seguito al plagio della copertina del loro disco? Il cantante dei Julie’s Haircut ha mai reagito male?

Max Collini: Suppongo che il buon Manuel Agnelli abbia di meglio da fare che preoccuparsi delle mie cose, ma la citazione nelle grafiche dello spettacolo della copertina di “Hai paura del buio?” è un omaggio: quel disco l’ho adorato. Il mio preferito degli Afterhours però resta “Germi”. L’idea di leggere l’indie è un mix di casualità e circostanze con l’aggiunta di ispirazioni. Non era un progetto strutturato ma estemporaneo e ho iniziato con un evento singolo. La cosa inaspettata è stata lo scoprire che il pubblico accoglieva con attenzione la proposta, che a fronte della sua apparente leggerezza forse diceva più di quanto credessi io stesso. Devo ringraziare per questa esperienza alcune persone, in particolare Asia Ghergo per la consulenza e Cesare Biguzzi di WeReading per l’invito primigenio: dovevo andare a un loro evento in Romagna con qualcosa di diverso dal solito e alla fine è uscito un tour di 60 date. Se uno ci pensa non ci può credere. Luca G. dei Julie’s Haircut in realtà è una persona molto perbene e abbiamo chiarito la faccenda molti anni fa. La frase finale del brano “Tono metallico standard” dice: “brutta bestia, l’invidia”, pensavo sarebbe stata sufficiente per la comprensione del testo e del contesto, ma non sempre è andata così.

Io: Quando il mio negozio di dischi preferito (il Plastic di Pesaro) ha chiuso, negozio dove ho anche lavorato, ho deciso di smettere di comprare dischi. Questo perché Mirko sapeva i miei gusti e sapeva perfettamente cosa consigliarmi. Dovrei passare anni di acquisti per istruire e allenare un nuovo negoziante di dischi ai miei gusti musicali. Non ne ho davvero voglia. Come ti poni tu nell’acquisto dei dischi? Ne frequenti ancora? Giusto qualche giorno fa sono passato a trovare Dj Balli nel suo Sonic Belligeranza Musicstore di Bologna e mi è tornata un po’ di nostalgia nello sfogliare i dischi presenti in negozio.

Max Collini: I miei due negozi preferiti sono “Tosi Dischi” a Reggio Emilia, dove il titolare è Daniele Carretti degli Offlaga Disco Pax, e Backdoor a Torino, nelle sapienti mani di Maurizio Blatto, anche bravissimo giornalista musicale e scrittore. Sono luoghi ormai quasi solo per appassionati e quando ci entri dentro ti sembra di essere in una pagina di Alta Fedeltà di Nick Hornby. Letteratura, non solo musica.

Io: Qualche anno fa, in uno dei miei viaggi in solitaria, mi sono fermato a Cavriago a visitare il busto di Lenin. Dalla prima volta che ho sentito il brano degli Offlaga Disco Pax ho sempre avuto voglia di andarci. Ci sono molteplici cose che uno lega alle canzoni o ai film (come quando sono andato all’Eur dopo aver visto La Decima Vittima e, dato che c’ero, ho fatto un salto anche a Spinaceto o quando a New York sono stato nella piazza dedicata a Joey Ramone). Noi qua abbiamo, a Senigallia, la rotonda sul mare decantata da Fred Bongusto. Dopo il turismo sessuale c’è anche il turismo musicale. Cosa ne pensi in proposito? Lo pratichi anche tu?

Max Collini: Ho partecipato pochi mesi fa a un convegno a Milano dedicato proprio al turismo musicale. Un mio amico di Trieste, Ricky Russo, si è trasferito a New York e fa la guida ai luoghi della musica nel Grande Pomo, come lo chiama lui: l’attico di David Bowie, il CBGB, la Bowery, il quartiere dei Beastie Boys, i locali storici. Nella mia testa Villa Pirondini a Rio Saliceto, in provincia di Reggio Emilia, dove i CCCP registrarono “Epica Etica Etnica Pathos” dovrebbe essere un museo accessibile al pubblico.

Io: In una fase politica intensa come questa, dove i giornali titolano cose tipo “campagna elettorale sotto l’ombrellone”, in cui anche la sinistra non è più davvero sinistra (e, di fatto, è stato il berlusconismo a togliercela), cosa voterà Max Collini? Il primo disco che ho comprato è stato “Self Control” di Raf e da quel giorno ho cominciato a seguire attivamente e con curiosità tutto il panorama musicale. C’è stato un tempo in cui esisteva, chiamiamola così, la musica militante. Tutto il movimento delle posse anni 90 e poi il combat folk, tra cui hanno svettato i Modena City Ramblers e la Bandabardò (tralasciando il cantautorato impegnato perché bisognerebbe andare ancora più indietro nel tempo). A parte i Lo Stato Sociale e, forzatamente, anche i P38 non c’è stato un ricambio generazionale della musica militante. Secondo te perché?

Max Collini: Sto seguendo con attenzione da tempo il percorso politico di Elly Schlein, oggi vicepresidenta della regione Emilia Romagna ma che in futuro, spero, possa rappresentare più di qualcuno anche a livello nazionale. Nel frattempo voterò come posso, sperando di non dover ingoiare per l’ennesima volta rospi oltre il limite delle decenza. Non credo che la mia esperienza artistica possa essere accomunata a quelle di band “militanti” tradizionali come Modena City Ramblers, Bandabardò e primi maggi vari. Quella retorica, pur apprezzabile per l’intenzione, l’ho sempre vissuta con un senso di inevitabile pesantezza. Se il ricambio non c’è stato è perché non c’è stato, se non marginalmente, un passaggio di valori e di responsabilità culturale nella società, non solo in ambito artistico. Nei testi della musica “indie” contemporanea, al netto di eccezioni ovviamente sempre possibili, le parole d’ordine sono IO, LEI, LUI, IERI, ADESSO. Nessuno sguardo sociale, nessuna ambizione collettiva, nessun linguaggio che riesca a rappresentare una generazione nuova come quella che va in piazza ai “Friday for future”. Lì c’è un po’ di coscienza politica e sociale collettiva, eccome se c’è, ma poi alla manifestazione partono Lo Stato Sociale appunto ed eventualmente i Rage Against the Machine, ma anche i Pinguini Tattici Nucleari e ogni tanto, mi dicono, perfino Robespierre degli Offlaga Disco Pax. Gli anni zero almeno hanno avuto Vasco Brondi, mentre gli anni venti sono terra di conquista di trapper autotunizzati e terribilmente egoriferiti. E’ la modernità, bellezza, e io sono troppo vecchio per shakerare al Rhove party.

Io: Del giornaletto dei soci Coop ero solito leggere le interviste nella sezione musicale. Le domande erano pressapoco tutte uguali ma l’intervista si concludeva sempre con l’intervistato che doveva consigliare un disco, un libro e un film. Tu qualche disco, libro e film ci consiglieresti?

Disco: dEUS — The Ideal Crash

Libro: Vita e destino — Vasilij Grossman

Film: Il processo ai Chicago7 — Aaron Sorkin

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schiaffoni

Mi diverto a disquisire intervistando gruppi musicali vari.