Uochi Toki, l’intervista.

schiaffoni
9 min readJan 31, 2022

Io: Incominciamo dall’inizio. Non ho mai saputo il perché del nome Uochi Toki. Inoltre mi interessa (interessa a me, non so ai lettori) sapere della scelta artistica o altro che sta dietro alla vostra formazione. Ricordo che la prima volta che vi ho visto Rico suonava solo una Electribe ER-1. Questa “strampalata” formazione, che può ricordare gli Sleaford Mods, è scaturita da una precisa scelta stilistica oppure semplicemente è capitato a caso?

Napo: molto probabilmente la prima volta che ci hai sentito suonare gli Sleaford Mods non esistevano ancora, quindi è la loro formazione che ricorda la nostra se mettiamo in gioco il fattore ricordo quindi tempo. Sul versante scelte stilistiche precise versus capitare a caso direi che la scelta che ci proponi tra questi due estremi non coglie appieno il modo in cui una band sceglie le proprie modalità espressive: all’inizio del percorso sono state scelte precise perché la conoscenza dei suoni e degli strumenti era limitata, più si procedeva più conoscevamo altre modalità e quindi potevamo permetterci di scegliere a caso. Adesso potremmo anche suonare non amplificati con suoni ambientali provenienti da un registratore e una parola ogni 10 secondi e riuscire a dire quello che vogliamo dire.

Rico: Il nome doveva essere di un gruppo pseudo crust con me alla chitarra, Napo alla batteria e Fele alla voce, poi questo progetto si è fuso con ciò che già facevamo come Laze Biose ed il gioco è diventato così nominato. L’electribe l’avevo barattata con Bugo per un giradischi Technics 1200, da lì nel tempo ho preso vari giocattoli (Octatrack, 555, MicroSampler, Nintendo Ds, Gameboy) e software (Cakewalk, Sonar, Cubase, Wavelab, Live) ed una marea di plugin sviluppati da individui matti (Smartelectronix è stata la mia prima sorgente); l’aspetto fondamentale per me è avere un setup divertente da suonare e a turno ogni macchina ritorna per rinnovate necessità.

Io: Ricollegandomi alla prima domanda vorrei introdurre il plus valore aggiunto che è capitato durante la vostra carriera, artistica o presunta tale. Dal tour con la realtà virtuale al tour con la band, col violoncellista e Bruno Dorella alla pseudo batteria. (tra l’altro non pensavo fosse un gran batterista). Avete fatto questi escursus al di fuori della vostra routine per sperimentare cose nuove o solo perché vi eravate stancati della routine?

Napo: Stanchezza e routine sono parole che riferirei più a chi lavora, rispetto a chi suona. Nel nostro caso noi non partiamo da una routine per poi variare con sperimentazioni, bensì proviamo ad usare dei set cercando di far avverare le idee che avevamo immaginato. Dopodiché, con un po’ di costanza, riusciamo a realizzare -con i dovuti aggiustamenti- quello che avevamo pensato di fare e infine la realizzazione ci porta ad avere altre idee che poi sfociano in altri modi di realizzarle. Finora questo ciclo non ci ha ancora stancato. Quando ci stancherà smetteremo. A onor del vero il set Legno vedeva Lucio Corenzi al contrabbasso, non al violoncello, e Bruno Dorella ad una vera batteria, solo più essenziale composta da timpano, rullante e raid, sai, noi abbiamo bisogno solo di bum, cha e tin.

Rico: Misurarsi con situazioni nuove che tangono la tua zona di confort
è un ottimo metodo per rimanere in equilibrio fra ciò che si sa già fare
e ciò che si potrebbe essere in grado di fare mantenendo un filo che
collega anche le situazioni e le persone più disparate, suonare con i
Cadaver Eyes ed i Nadja (ad esempio) è stato qualcosa che usciva molto
dalla nostra estetica ma ci ha permesso di raggiungere posti
inimmaginabili da soli. Trovarti in un punto e vedere gli elementi che
lo hanno determinato è uno degli aspetti più entusiasmanti del produrre
musica.

Io: Se non erro noi siamo diventati amici (o conoscenti) alla Gara delle Batterie Elettroniche a Montelupo dove c’è una casa che a volte diventa un paese. Per me, scoprire quel format, è stata una folgorazione, c’era libertà e follia in un contesto di normalità in quel “paese”. Ricordo che ad una edizione stavo forando con un trapano un tubo in pvc in un angolo vicino al bar, e per la gente circostante, il mio gesto, appariva come una cosa normalissima. Cosa ha significato e cosa significa per voi la Gara delle Batterie Elettroniche? Che fine ha fatto il Fele?

Napo: Proprio la presenza di libertà e follia pregiudicano l’uso della definizione “format”. Per noi la Gara ha sempre significato sia la precisa immagine che hai usato tu nella domanda ovvero “bucare pvc al bar può avere il suo senso” sia il distacco dai format, dalla periodicità, dalla progettazione, dalla funzionalità, dal pattern rave, dal pattern club, dal mercato. In particolare ci piace ricordare che non si può andare in perdita quando si organizza un evento praticamente senza soldi in cui si sono registrate affluenze più che eccellenti sia in termini di quantità di persone, sia in termini di irrinunciabilità delle persone. La Gara delle Batterie Elettroniche è un bestiario dove si è sempre entrati gratis in cui non si forma una massa dalla volontà unica (come nei club o nei rave) ma dove ognuno può essere gruppo e
individuo allo stesso tempo. Il resto è da provare, le mie spiegazioni sono fuorvianti. Per quanto riguarda il Fele posso dire che è sublimato in pura energia e adesso abita in qualsiasi condensatore: un giorno potrebbe tornare come Re Artù dalle nebbie di Avalon.

Rico: Gara delle Batterie significa per me la possibilità di mostrare a persone curiose progetti che non hanno alcuna finalità se non l’essere un progetto da realizzare, un’idea bislacca che porti nel reale sotto forma di oggetto\performance, il fatto che la gara sia basata sull’unicità dell’esperienza toglie tutti gli orizzonti temporali, è a mio parere un ottimo modo per esperire il presente assieme con tantissime gag. A Maggio festeggeremo i 19 anni di Gara delle Batterie Elettroniche a Milano, pregusto la festa.

Io: Parliamo ora del vostro nuovo album, se così si può chiamare. Una forma non del tutto inusuale di distribuire un album. (ho detto non inusuale perché anni fa feci una cosa del genere componendo un brano a settimana come Dj Minaccia e lo distribuivo poi via mail alla mia mailing list). Come mai avete deciso questa forma invece di stampare un cd e distribuirlo nelle varie piattaforme di streaming? No perché tipo io lo trovo un modo un po’ scomodo di ascoltarlo visto che in macchina e a casa uso ormai solo Spotify e Bandcamp.

Napo: Non siamo certo dei paladini della comodità e in particolare quella delle piattaforme come Spotify che la fa pagare a caro prezzo: o stai su questa piattaforma in cui il tuo disco ha la tendenza ad essere smembrato, indicizzato e algoritmato oppure non esisti. Per non fare sempre i criticoni a priori abbiamo anche provato a mettere alcuni nostri dischi su quella piattaforma infame, ma abbiamo visto che è come accomodare un bicchiere di budino nell’oceano. Bandcamp è più gestibile e lascia più spazio di manovra. In ogni caso gli Uochi Toki esistono da molto più tempo di Spotify quindi noi facciamo il passo ed ogni ascoltatore, al prezzo di un po’ di scomodità e di pochi euro offerti direttamente a noi e non a qualche bauscia a cui non interessa nulla del suono, può avere il nostro disco senza pubblicità e senza torchio algoritmico. Probabilmente anche chi, come te, trova scomodo questo sistema, ha valutato che poteva valere la pena in qualche modo.

Rico: E’ su Bandcamp come tutta la nostra discografia; ti suggerisco Soul Seek, è più comodo\economico\completo di qualsiasi piattaforma sviluppata da persone che mettono l’”Artista” al “centro”. Se vuoi poi supportare gli artisti economicamente è sicuramente più sensato prendere qualcosa direttamente da loro piuttosto che lanciare gli eurini in un buco nero che annichilisce la materia ed il desiderio di mostrare le proprie creazioni decontestualizzate.

Io: Parliamo dei testi, sono irriverenti e saccenti e per questo mi piacciono. Il mio brano preferito, forse, rimane quello su La Chiave del 20, dove, alla fine, svoltate la serata con un kebab. Come e da dove nascono le parole di Napo? Avete diviso i compiti per cui uno pensa ai testi e l’altro alle basi oppure i ruoli non sono così netti?

Napo: non sono mai riuscito a capire se sono nate prima le persone che eccedono la misura nel parlare delle cose che sanno, oppure le persone che non vogliono sentir parlare gli altri oltre una certa misura e quindi li discriminano inventando “la saccenza”. Quale che sia nata prima delle due, posso dirti che ci poniamo in modo irriverente nei confronti di entrambe, ammettendo la possibilità di rientrare noi stessi in una di queste due modalità di non-ascolto. I ruoli sono determinati in modo netto tra me e Rico, almeno da quando si mette la penna sul foglio o le dita su tasti e cursori. Tuttavia, tutta la parte creativa in cui si producono immaterialmente le idee, è condivisa. La scrittura non è un processo che si può sintetizzare in una intervista altrimenti si che si rischia di essere veramente saccenti. Riusciremmo a spiegarci meglio se andassimo a prenderci un kebab o un felafel assieme.

Rico: Sicuramente la separazione strutturale si adagia su ciò che riusciamo a creare con più facilità per interessi personali, ciò che lega Napo e me prende forma musicale e questa è solo la rappresentazione in frequenza di uno sguardo condiviso sulla realtà, il modo di proporre i dischi, con chi collaborare (intendo non solo musicisti ma anche etichette, booking, uffici stampa) varia da disco a disco assecondando e corrispondendo con quella che è la nostra visione in un determinato periodo, credo sia visibile anche solo prendendo in considerazione gli elementi attorno alla nostra produzione.

Io: Dalle basi si nota una certa passione per gli Autechre. Quali sono i vostri ascolti? Le basi vengono composte in base al testo oppure sono due cose slegate che poi vengono unite? Ho visto che non usi più l’Electribe ma hai un pot pourri di aggeggi elettronici, che strumentazione usa Rico dal vivo?

Napo: Veramente gli Autechre sono un reference molto più marcato nella composizione dei testi.

Rico: Mi dispiace molto per gli Autechre di essere così spesso abbinati alle mie produzioni, il mio modo di lavorare è molto più artigianale, taglia e cuci, il fatto che un frammento di onda quadra riverberato possa suggerire i sopracitati li sminuisce un po’. Dal vivo suonerò il 9 febbraio a Bellaria (RN) per sonorizzare il Golem di Wegener, lì mi porterò Octatrack, Nintendo Ds, Granpa, qualche molla ed un coil, per altri set vedrò!

Io: Nel mondo musicale odierno dove le definizioni dei generi non sono più quelle di una volta (a partire dalla definizione di “indie”) voi Uochi Toki in quale sottogenere vi mettereste? Non vale la risposta “noi non ci riconosciamo in nessun genere” o cose simili. Io vi catalogo nella macrocategooria “rap”, in una sottocategoria insieme a Zona Mc. Però, forse per la mia cultura lacunosa, non so chi altri potrebbe rientrare in questa sottocategoria. Secondo voi?

Napo: Possiamo inventarti tutti i sottogeneri alla blowup che vuoi, è
un gioco molto divertente. Possiamo essere Prog Rap, Slam Pastry, Spoken
World Building, Noise Idiosincretista, Crap, Dramma and Bass, Stand up
Tragedy, GaGsta Rap, Prompt Doom e Sludge Drill. Scegli tu tra questi.

Rico: Aggiungo Power Flop, Confindustrial, Riot Monk.

Io: Vista la mia onnivorità musicale, e visto anche che non ho più a disposizione né il mio negozio di dischi preferito né il mio spacciatore di dischi preferito, secondo voi cosa è uscito di recente da dover ascoltare assolutamente? Voi ascoltate musica le cui influenze poi riversate anche in quello che fate coi Uochi Toki oppure no?

Napo: I miei consigli sono “FEZ” di Disasterpeace, “Jathor” degli ZU, “Anti-Dawn” di Burial (che finora non mi è piaciuto ma che ascolterò finché non capisco cosa e se effettivamente non mi è piaciuto e che quindi ti consiglio di ascoltare assolutamente facendo questo stesso gioco), “Il manuale del Dittautore” di Miike Takeshi, “Ideogramma di una Nazione che ha dimenticato di non essere più tale” di MMRK (questo è noise puro e semplice ma, ascoltato tenendo presente il titolo svolge un compito di pulizia davvero fenomenale).

Rico: Come si fa a separare un’esperienza della propria vita (in questo caso l’ascolto di un disco) dall’esperienza della vita stessa? Anche non volendo questa intervista finirà in ciò che faccio. Alcune cose che mi piacciono le pubblico con la Light Item (etichetta che ho con Gec della MegaBaita) https://lightitem.bandcamp.com/ poi collaboro spesso con la Solium Tapes da Caen (Francia), https://t-solium.bandcamp.com/ già qui un po’ di robe ci sono.

https://uochitoki.bandcamp.com/

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schiaffoni

Mi diverto a disquisire intervistando gruppi musicali vari.